LA VITA
E NIENT’ALTRO

Il cinema, lo abbiamo detto più volte presentando le rassegne che, a ciclo continuo, contrassegnano la programmazione d'essai del Capitol, trae ispirazione da una multiforme pluralità di spunti: storie vere, esperienze personali degli autori, letteratura alta e bassa, ecc. Il cinema che più ci convince, però, è quello al cui centro non c'è nient'altro che la vita vissuta, quello che Pavese chiamava il "mestiere di vivere", un mestiere a cui tutti prima o poi si trovano impreparati perché "non si nasce imparati a vivere". Si prenda Daniel Blake, lo splendido protagonista dell'ultimo film di Ken Loach: a ses-sant'anni si trova smarrito come non mai. Perde il lavoro e non ha la pensione e, per di più, sprofonda in una burocrazia impersonale e fine a se stessa che non gli lascia scampo. Come si fa ad essere preparati ad un dramma simile ? Oppure si pensi al protagonista del film di Dolan, che torna a casa dopo tanti anni perché sta morendo e non riesce a trovare le parole per dirlo ai suoi cari perché questi sono troppo altrove indaffarati per ascoltarlo davvero. Alcuni temi, poi, ritornano, perché sono spesso i lutti, gli abbandoni o la malattia a farci sperimentare davvero quello che la vita è capace di chiederci ("Manchester By The Sea", "Dopo l'amore", "Il medico di campagna"). Talvolta, poi, la vita ci spiazza, ci coglie di sorpresa ("Il cliente"), per cui non si è davvero mai preparati a vivere o, quando si pensa di esserlo, ci si ritrova punto e a capo. Non è per difetto, quindi, se ci limitiamo alla vita e nient'altro, perché cos'altro c'è che la vita non possa dirci.


Mercoledì
22 Marzo

Io, Daniel Blake

di Ken Loach
(GB, 2016)

Palma d’Oro Festival di Cannes 2016

IO, DANIEL BLAKE

Ken Loach aveva dichiarato che non avrebbe più girato film di finzione. Quest'ultimo "Io, Daniel Blake" arriva quindi fuori tempo massimo nell'economia autoriale del regista sebbene sia perfettamente in linea con la sua produzione migliore. Daniel Blake, il protagonista, è un falegname sessantenne che, dopo avere lavorato tutta la vita, causa un malanno fisico, un infarto, si trova per la prima volta ad avere bisogno dell'assistenza dello Stato. Per i medici, dopo l'infarto, non può più avere un'occupazione stabile. Così, fa richiesta dell'invalidità, con il relativo sussidio, ma questa gli viene respinta, il che lo precipita in una odissea senza fine in cui a farla da padrone sono la burocrazia e i suoi funzionari, servitori della legge al punto da diventare essi stessi persecutori di coloro che dovrebbero servire. Non diversa da quella di Daniel è la condizione di Daisey, una donna che non sa come fare a mantenere i suoi due bambini, con cui Daniel solidarizza nel corso della sua disperante odissea. L'epilogo, per entrambi, sarà amaro, senza speranza, perché Loach vede nero nel futuro dello stato sociale. La prima vittima dei "tagli" alla spesa sociale, infatti, secondo lui, è la dignità dei singoli, degli uomini e delle donne, e poco gli interessano le ragioni economiche, politiche o sociologiche che stanno dietro a tali tagli. Il suo punto di vista, d'altronde, è già chiaro nel titolo del film, che non è altro che il nome proprio del protagonista con un'unica, significativa, aggiunta: l'articolo determinativo "Io".

Mercoledì
29 Marzo

E’ solo la fine
del mondo

di Xavier Dolan
(Francia, 2016)

Premio Speciale della Giuria
Festival di Cannes 2016

E' SOLO LA FINE DEL MONDO

Louis (Gaspard Ulliel), drammaturgo affermato ancora molto giovane, è lontano da casa da dodici lunghi anni. A suo tempo, quando si è chiuso la porta alle spalle, non è si più voltato indietro. Ma la vita gli presenta il conto e Louis, adesso, a casa ci vuole tornare. Ha una cosa che non può evitare di dire alla sua famiglia e ha poco tempo per farlo. Al suo rientro, lo attende un mix tra diffidenza, premurosità e isteria. Ad accoglierlo ci sono Suzanne, la sorella minore che non ha mai visto crescere, Antoine (Vincent Cassel), il fratello maggiore, che nel suo ritorno vede una minaccia poiché durante tutta la sua infanzia è stato Luis il cocco dei suoi genitori, Catherine (Marion Cotillard), la cognata insicura e mai conosciuta, e infine la madre (Nathalie Bay), affatto preparata al ritorno di un figlio mai in fondo compreso. Forse, adesso che Louis è tornato. lei vorrebbe che le cose funzionassero, che i suoi figli trovassero le parole per dirsi, ma nessuno, in realtà, parla davvero, a cominciare proprio da Luois, che non riesce a dire perché mai sia tornato. Il film sta tutto qui, nell'enpasse di Louis, che vorrebbe dire ma non riesce a dire perché gli altri non vogliono sentire, perché esiste uno sfasamento insanabile, un'intimidazione reciproca tra chi ritorna e chi accoglie, tra chi deve dire e chi deve ascoltare. Ispirato ad un piéce teatrale di Jean-Luc Lagarce, E' solo la fine del mondo è l'ultimo pluripremiato film di un talentuoso regista regista appena ventisettenne che ha esordito da autodidatta a soli vent'anni.

Mercoledì
5 Aprile

Il medico di
campagna

di Thomas Liti
(Francia, 2016)

IL MEDICO DI CAMPAGNA

Jean-Pierre (François Cluzet) è un medico anziano, alle soglie della pensione, che alla frenetica vita di corsia ha preferito la campagna. Devoto alla professione ed ai pazienti, di giorno e di notte, con il buono e il cattivo tempo, l'uomo percorre le strade sterrate della campagna francese per curare i malanni fisici e morali della sua piccola comunità. Quando si scopre malato, non sa come fare ad affidare i suoi pazienti ad un altro medico, così accetta, seppure controvoglia, l'aiuto di Nathalie (Marianne Denicourt), una ex infermiera che si è da poco laureata in medicina. La collaborazione tra i due si rivela presto difficile, ma Nathalie si mostra tenace, tanto che incassa bene le bizzarrie che Jean-Pierre impone al suo tirocinio. Così, paziente dopo paziente, chilometro dopo chilometro, tra i due la rivalità cede il posto alla fiducia e a un sentimento indeterminato a metà strada tra la solidarietà e desiderio. Thomas Lilti, il regista, è un medico, anche se non pratica più, per cui non sorprende che dopo il precedente "Hippocrate" (2014) torni all'ambiente che meglio conosce. Se però il film precedente era ambientato in un ospedale, dove Lilti ha lavorato come internista, questa volta i protagonisti sono due medici il cui rapporto con i pazienti, forgiato da una relazione di fiducia e prossimità, sconfina nell'intimità, un rapporto che in corsia non può instaurarsi. Medici che non solo ascultano ma ascoltano, non solo curano ma confortano, non solo alleviano ma sostengono. Confidenti nei momenti difficili, essi, infatti, per la loro piccola comunità sono sovente l'ultima risorsa, un po' come accadeva una volta.

Mercoledì
12 Aprile

Dopo l’amore

di Joachim Lafosse
(Francia, 2016)


DOPO L'AMORE 2

Marie (Bérénice Bejo) e Boris (Cédric Kahn) hanno due belle e vispe bambine, ma sono in crisi. Forse un tempo si sono amati, ma ormai non si sopportano più. Discutono continuamente e, soprattutto, litigano a sangue sui conti che non tornano e impediscono loro di regolarizzare una volta per tutte la separazione. In attesa del divorzio, infatti, i due sono costretti alla coabitazione, perché Boris è disoccupato e non può permettersi un altro alloggio. Così lei, che è proprietaria dell'appartamento, detta le regole, mentre lui, che l'ha ristrutturato, le contraddice. Lui, che è a spasso, non perdona alla moglie di averlo lasciato, pretendendo una consistente buonuscita. Lei, che si occupa delle due gemelle, non sopporta i comportamenti infantili di lui. E così via: a parte i rari momenti di leggerezza imposti dalle bambine, recrimina-zioni a non finire. L'irritazione è palpabile, la sfiducia pure. Arroccati sulle rispettive posizioni, i due sembrano aver dimenticato del tutto il loro antico amore e i quindici anni passati assieme. Il titolo originale del film, L'économie du couple, ossia, “l'eco-nomia della coppia”, dice meglio della traduzione italiana qual è il vero nodo attorno cui ruota il film. Forse è amaro constatarlo, ma quando un amore finisce sono i conti economici a farla da padrone. Il denaro, cioè, diventa il mezzo più immediato per esercitare potere l'uno sull'altra, per fargli pagare il fallimento della relazione. Dramma borghese tutto girato in interni, con l’unica eccezione del finale aperto e all’aperto, Dopo l'amore è l'ennesima riuscita commedia d'oltralpe. Intensa e toccante, nonostante il mare di chiacchiere, e con in più due ottimi interpreti.


Mercoledì
26 Aprile

Il cliente

di Asgar Farhadi
(Iran, 2016)

Migliore sceneggiatura Festival di Cannes 2016.
Premio Oscar 2017 miglior film straniero.


IL CLIENTE

A causa di un cedimento strutturale dell'edificio in cui vivono, Emad e Rana so-no costretti a lasciare precipitosamente il loro appartamento. Grazie all'aiuto di un collega della compagnia teatrale in cui i due recitano da protagonisti "Morte di un commesso viaggiatore" di Arthur Miller, trovano una nuova sistemazione in un appartamento che l'inquilina ha dovuto lasciare di corsa. La nuova casa, però, era abitata da una prostituta, così capita che un giorno, mentre Rana è a casa da sola, che questa, convinta che si tratti del marito, apra la porta a uno dei clienti della precedente inquilina, il quale la aggredisce. L'episodio mette in crisi la coppia. Mentre Emad vorrebbe trovare l'aggressore e in qualche modo vendicarsi, Rana, infatti, fa di tutto per dimenticare l'accaduto. Siamo a Teheran, ma l'Iran di Farhadi non è quello confessionale e travagliato che ci ha reso famigliare il cinema del suo paese, tanto che il regista mette in scena una storia che passa dalla detection al revenge movie, sebbene attraverso toni decisamente lontani da quelli del cinema di genere più commerciale. Alle frizioni tra i due protagonisti, si aggiunge infatti quella fra Emad e il responsabile dell'aggressione, cui si arriva mentre il film scivola lentamente nell'imbuto di una storia che si fa man mano più claustrofobica.

Mercoledì
3 Maggio

Manchester
By The Sea

di Kennet Lonergan
(USA, 2016)

Premio Oscar 2017 migliore sceneggiatura
e migliore attore protagonista.


MANCHESTER BY THE SEA

Lee (Casey Affleck) conduce una vita solitaria in un seminterrato di Boston. Tormentato dal suo tragico passato, mostra la più totale indifferenza per tutto ciò che lo circonda. Quando però suo fratello Joe muore, è costretto a tornare sulla costa, dove scopre di essere stato nominato tutore del nipote Patrick, il figlio adolescente di Joe. Mentre cerca di capire cosa fare con lui, rientra in contatto con l'ex moglie Randy e con la vecchia comunità da cui era fuggito, il che fa riemergere il terribile dramma che ne ha segnato l'esistenza. Oltre al passato che non passa, nella vita di Lee, adesso, però, c'è il nipote sedicenne cui l'uomo guarda dapprima con l'incapacità di chi non è stato in grado di badare al proprio figlio, anche se poi inizia a comprendere la vitalità senza posa. Il giovane, da parte sua, accantonata la diffidenza iniziale, si lega sempre di più a quello zio dagli occhi tristi, tanto che è proprio il rapporto tra i due il cuore palpitante del film. Ambientato sulle coste settentrionali del Massachusetts, dove la natura ha la meglio sull'uomo, per l'ampiezza e la profondità delle sue acque e per l'inospitalità e la rigidità delle sue temperature invernali, "Manchester by the sea" convince e conquista con un dramma scavato nelle luci e ombre di un passato fatto di solitudine, di un dolore che non riesce a trovare requie. Carey Affleck, in affanno nei gironi del dolore e della perdita, comunica una gamma di sensazioni intense e raffinate.